Fabrizio Cotognini crea nutrendosi di stimoli appartenenti a diverse epoche. Immaginatevi di passeggiare magari tra le strette viuzze di un borgo della Romagna profonda, come Saludecio, e ad un tratto il vostro occhio vi porta incuriosito verso una vetrina piena di stampe antiche, libri dalla carta ruvida e piegata, disegni e abbozzi rinascimentali. Una volta che avete questo vasto immaginario in mente potete iniziare ad avvicinarvi in parte al lavoro dell’artista marchigiano.
Fabrizio Cotognini, The days went by like shadows-2018. Courtesy Sgabello collection-Amsterdam
Nato nel 1983 a Macerata, si è diplomato all’Accademia di Belle Arti della stessa città in Pittura e Scultura nel 2009. Ostinatamente decide di vivere e continuare a lavorare a Civitanova Marche. Scendere nell’opera di Cotognini è complesso, poiché pregna di racconto mitologico in costante rivisitazione. Considerarlo un artista non basta a comprendere la sua poetica e la sua produzione, spaziando senza soluzione di continuità tra varie discipline, frutto di un continuo studio di diverse suggestioni dalla sociologia, dalla filosofia, dalla storia e naturalmente dall’arte classica e contemporanea.
Diverse volte si è autodefinito un archeologo del contemporaneo, perché la stratificazione è parte del suo lavoro, così come lo scavare di una perenne ricerca d’archivio, servendosi di un repertorio iconografico vastissimo che comprende al contempo mistero e verità.
Fabrizio Cotognini, dettaglio di Psiconauta, 2022, biacca, mylar, inchiostro su acquaforte originale del XVIII secolo
Se Isgrò cancella, Fabrizio Cotognini prende fiato e aggiunge, sistema, fino a riempire il foglio, perché quest’ultimo è il suo supporto principale, ma non si ferma qui e oltre al disegno si aggiunge la scultura, che si manifesta tramite una forma simbolica nonché mitologica. Il disegno come medium prediletto si presenta al pari di un alfabeto delle immagini: da una partenza del disegno originale ne viene aggiunto uno fatto a parte, quasi per un doveroso rispetto e della conoscenza dell’artista che creò prima.
Fabrizio Cotognini, The Flying Dutchman, 2021, biacca e mylar su miniatura originale del XVIII secolo, olio su avorio
Nel processo avviene in parte un oscuramento, che non tende a censurare ma al contrario sottolineare quello che è importante, lasciando così indietro il superfluo. Più evidente è la parte della scrittura dove abbozzi e frasi criptiche volanti come appunti si appoggiano sul foglio. Ciò avviene tramite l’uso della matita, dell’inchiostro della biacca o della foglia d’oro che porta alla luce le geometrie nascoste nelle sue composizioni. Dando dunque una nobiltà all’immagine e alla parola, è quest’ultima a completare l’opera, tracciando una traiettoria da percorrere dentro un ambiente ideale.
È un sognatore che viaggia cambiando binari che immagina come secoli, su cui corrono vagoni pieni di minuziosi simboli araldici e pietre mistiche.
Fabrizio Cotognini, The Flying Dutchman, fusione in argento
L’ampolla d’olio d’artista “Ocypete” di Cotognini per la Tenuta Casati. Courtesy l’artista e Casati Laboratory
In occasione del Premio Casati, sostenuto dal Laboratorio Casati, ideato e promosso da Elena Paolini in Saludecio (RN), Fabrizio Cotognini si è presentato con Ocypete (Ocipete viene dal greco ōkupous, “piede veloce”, vuole inoltre significare “scorrere” o “colei che scorre veloce”). L’opera di rimando mitologico è composta da due esiti disciplinari: il disegno e la serie delle sculture.
Il Premio Casati nato nel 2022 nasce con l’obiettivo di aprire e mantenere un profondo legame tra l’azienda e l’arte contemporanea, nella ricerca e supporto di nuovi talenti. La scelta di una pratica artistica, come protagonista, si eleva in uno scenario suggestivo immerso tra gli ulivi secolari della Tenuta Casati di Saludecio, dove il cielo si incontra con il mare in un orizzonte sublime. Ogni anno, grazie alla collaborazione con partner selezionati che condividono la stessa visione e missione, il concorso svela una nuova Ampolla d’Artista, simbolo di creatività e innovazione che va ad aggiungersi all’olio EVO prodotto dalla tenuta. L’olio inteso come prodotto antichissimo, frutto identitario della dedizione al territorio collinare, trova così un contenitore non solo funzionale. Nella decorazione ad arte di Fabrizio Cotognini l’ampolla si rivela metamorfica, custodendo molteplici e ulteriori significati.
Durante la vernice ho avuto modo di aprire un breve dialogo con l’artefice, facendomi raccontare nel vivo l’opera.
La scelta di presentare una scultura della mitologia greca antica ha un collegamento con il territorio di Saludecio e dello stesso Laboratorio Casati?
La genesi del lavoro è nata da un dialogo avuto con Elena Paolini, quello che mi ha colpito è la genesi della piantagione dell’olio della parte dell’Adriatico. Qui a Saludecio, ci troviamo tra la Romagna e le Marche, che è la mia terra. C’è una ricerca antropologica che evidenzia come la pianta d’ulivo sia stata introdotta da diverse popolazioni, tra cui i piceni, popolo che aveva contatti ramificati con l’aldilà dell’Adriatico, come l’Albania o la Croazia, che avevano una forte influenza con il mondo classico greco.
“Ho cercato così di trovare una figura che incarnasse lo spirito della Maison, ed è uscita fuori l’Arpia, che Elena aveva già notato in un lavoro da me precedentemente iniziato.”
Nel tuo repertorio le Arpie sono rappresentate in maniera più animale, per Casati proponi una versione più femminile, dove viene meno la metamorfosi. Qual è il motivo di questa scelta?
Chiaramente sapendo che il marchio Casati è devoto alla divina Marchesa Casati, ho seguito la linea evocativa della femminilità. Se guardi da vicino la scultura, la parte che va verso il petto ha un accenno ad una sorta di piumaggio. Non è un’opera didascalica o ridondante ma ha il potere di attivare un’immaginazione.
Questa è un’edizione d’artista, cinquanta ampolle, tutte diverse tra loro, senza ripetizione?
La diversità è fortemente voluta per creare un pezzo unico per ogni ampolla. Io arrivo da una formazione come orafo, ho perciò usato la tecnica della microfusione, fatta con gessatura, con il medesimo processo della creazione di un gioiello, ti permette di mettere in risalto preziosi e minuziosi dettagli.
Si è abituati a vivere il mondo arte nelle grandi città, ultimamente vi è un’inversione di rotta a favore di piccole realtà, spesso sostenute da privati. Credi che sia doveroso un sostegno?
Questa è una domanda importante, afferma! Sicuramente c’è difficoltà se non c’è un supporto di una galleria o fondazione o di un singolo collezionista. Vedo però, attraverso anche la mia esperienza personale, come spesso si riesca a creare un ambiente prolifico di connessioni a catena. Ad esempio io ho recentemente acquistato uno studio in un paesino di mille abitanti, e l’idea che attorno ho diversi artigiani, che mi aiutano nella riuscita completa del mio lavoro, amplifica il valore profondo dell’operazione aggiungendo un’esperienza di artigianato eccelso.
La bellezza che è quella interiore nell’opera di Cotognini va contemplata e ammirata in tempi lunghi, con lentezza, perché è l’unica via per comprenderla.
Prova di fusione di Ocypete.
Fabrizio Cotognini bozzetto preparatorio Ocypete tavola 1 yellow china 2024 courtesy Artista e Casati Laboratory
L’ampolla d’olio d’artista “Ocypete” di Fabrizio Cotognini per la Tenuta Casati. Courtesy Artista e Casati Laboratory
L’opera premia si intitola Priz Ocypete. “Ocypete” è un termine che deriva dal greco antico e significa “veloce al volo”. Nella mitologia greca, Ocypete era uno dei tre Harpi, creature femminili alate associate alla tempesta e al vento. La sua velocità nel volo e la sua agilità erano particolarmente note.
L’opera “Priz Ocypete” trasmette una plastica torsione dei volumi, caricandola di un’energia galvanica capace di restituire un vibrante cromatismo. L’artista ha reso omaggio ad uno spirito femminile ancestrale, reperto complesso qual è quello dell’arpia, potente figura di collegamento tra mondi, qui progettando una capsula per ampolle che “procuri l’emozione di una fragranza (…) che evochi una sensazione ed ispiri una sinestesia”.
Cotognini è così riuscito a porsi in diretta consonanza con lo spirito meditativo della Maison che, oltre a perseguire l’esclusiva produzione di un raffinato olio d’oliva secolare, sviluppa sofisticate essenze, cammei e lussuose candele frutto di una prolifica collaborazione con antiche cererie seicentesche, ben innestandosi in quel credendo vides che muove le sue iniziative.
L’artista ci ha raccontato il concept di quest’opera: “Il mio intento è stato il combinare sacro e profano, utilizzando l’olio Casati, a cui l’opera è ispirata, come archetipo culturale per suscitare emozioni. L’olio, simbolo della storia umana portato in queste terre dai Piceni, ha sempre oscillato tra mito e realtà, tra sacro e profano”.
“In modo coerente al mio dare forma a un’archeologia contemporanea” spiega Cotognini “mi sono ispirato al mito delle Arpie, creature mostruose con volto femminile e corpo d’uccello. L’origine del loro mito è a tratti misogina e potrebbe derivare dalla personificazione della tempesta. Mi sono quindi interrogato su chi rappresenti oggi la “tempesta”, riflettendo sulla natura fluida e ambigua della nostra esistenza. Ho così rimosso ogni riferimento ferino dalle Arpie, andando a creare una figura femminile che si contorce tra estasi e desiderio, evocando una Madonna napoletana ma al tempo stesso anche la regina delle Amazzoni”.
L’artista marchigiano, già vincitore del Premio Cairo, è oggi tra i protagonisti della grande mostra “Vis-a-Vis” a Palazzo Buonaccorsi di Macerata. L’artista è nato a Macerata nel 1983 e attualmente vive e lavora a Civitanova Marche. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Macerata in Pittura e Scultura nel 2009, ha partecipato a numerose mostre.
Il suo lavoro è caratterizzato da un costante rimando all’antico rivisitato in chiave contemporanea e dall’utilizzo privilegiato del disegno, elemento cardine di una ricerca che si avvale anche delle possibilità offerte dai nuovi media. L’opera di Fabrizio Cotognini cattura al suo interno varie declinazioni dell’orizzonte archeologico e storico-artistico. Il tempo, la memoria e la storia sono, nella sua ricerca, figure maestose, capovolte, stravolte o incurvate in un apparato scenico teso a sospenderne la stabilità.
Si tratta di un discorso in cui la parola sposa l’immagine in un serrato dialogo fra segno, disegno e scrittura, che si fa luogo di contemplazione e, nel contempo, di concentrazione riflessiva. Ma è anche un apparente nota a margine che ricorda le intime delizie di un libro antico, finanche di una miniatura tardogotica o di un raro decoro che lascia intravedere la scrupolosa cura per ogni singolo particolare.
Il Premio Casati nasce nel 2022. Il Laboratorio Casati mantiene così un profondo legame con l’arte contemporanea, offrendo uno scenario suggestivo tra gli ulivi secolari della Tenuta, che si trasforma in un luogo in cui si riflette sul bello. L’obiettivo è la ricerca e il supporto di nuovi talenti. Ogni anno, grazie alla collaborazione con partner selezionati che condividono la stessa visione e missione, il concorso svela una nuova Ampolla d’Artista, simbolo di creatività e innovazione.
Interno della Tenuta Casati
Alla Biennale di Venezia, in occasione della serata finale di premiazione, la Casati, Maison made in Italy per il lifestyle di lusso guidata da Lorenzo Muratori, ha segnato la sua presenza sul red carpet con un abito di Dimitar Dradi, ispirato all’eleganza glamour e sofisticata della Marchesa Luisa Casati, rivisitato in chiave androgina e postmoderna.
Sulla scia bonheur della Divina Marchesa “fare della propria vita un’opera d’arte“, Casati ha commissionato un poetico abito sartoriale che incarna stile e raffinatezza sublimata.
Al pari della essenza felina Casati – che si impone con note maschili ardenti per poi disvelare un cuore ambrato, in un’ illusione finale che intriga l’anima e il corpo lasciando un segno indimenticabile di femminilità avvolgente – così decostruzione sartoriale e silhouette essenziali si fondono nell’uso cromatico minimalista e audace dei tessuti, sublimando la strada aperta dai sei di Anversa.
Eleganti, sensuali, da sempre permeati dallo spirito estetico-avanguardista, i prodotti iconici della Maison Casati – cammei in cera, immaginifiche candele, oli per lo spirito – sono colte opere che si contraddistinguono per la qualità delle materie prime, per la filosofia in nuce e per l’intrinseca capacità di promuovere meditazioni artistiche e narrative, anche grazie al Casati Art Prize, votato alla collaborazione con artisti contemporanei.
Un’occasione in cui lo spirito visionario e filantropico del brand Casati si afferma ancora una volta firmando la sua direzione: promozione dell’arte secondo modelli di vita da grand viveur, un nastro dei sogni dagli ambiziosi traguardi.
Il celebre scatto rubato da Cecil Beaton, lo storico rifiuto che conferma un intero vissuto al di là delle convenzioni e conferma l’essere inarrivabile, per sempre icona dal viso della belle dame sans merci: disegnato da profonde ombre nere, con pupille dilatate e rese lucenti dalla belladonna.
Grazie alla Maison Dimitar Dradi per questo eccezionale tributo postmoderno alla Divina Marchesa, a Met Decay per la loro interpretazione e a Valentina Solfrini per lo scatto che mette a nudo con delicatezza un’ intima fluidità di cui Luisa Casati è stata straordinaria anticipatrice.
Via Cesare Battisti 2, 40123 – Bologna (BO)
Via Monte del Prete Basso, 730
47835 – Saludecio (RN)